A dire la verità non è che avessi questa gran voglia di mettermi a impastare e nemmeno di sgranare l’uva.
Ma questi grappoli appesi in un’ attesa che mi è parsa sconsolata, hanno acceso la mia sensibilità.
Una piccola vigna abbandonata, un paio di filari.
Alcuni grappoli secchi, alcuni ancora turgidi. L’assaggio. È dolce come il miele. Che peccato. Non l’hanno colta. Chissà, forse venire qui con il trattore non si poteva o forse l’impresa non vale la spesa.
L’uva triste mi stava chiamando
Pellegrino ha sempre una piccola ferramenta in auto. Prende le cesoie ( non potevano mancare proprio le cesoie proprio a lui!). Ne taglia forse 3 chili. Io porto la borsa e lo seguo lungo il filare.
Farò una schiaccia, ma so già che questa uva è troppa.
Posso farne un succo, frullatore a immersione e colino …sì, e poi lo congelo.
Lo userò per cuocere il pollo o l’anatra.
Faccio tutti questi pensieri, piccoli progetti per la tavola e mi pare che l’uva sia più contenta.
EPILOGO DELL’UVA TRISTE

LA SCHIACCIA CON L’UVA
Ingredienti:
- 1 Kg di uva viola (oggi si trova in commercio quella senza semi: recentemente in TV – Linea Verde – hanno dichiarato che non si tratta di un’uva geneticamente modificata, ma proprio di una varietà. Ci crediamo? In effetti non riesco a capire come una varietà di qualsiasi vegetale riesca riprodursi senza semi. Ma io non sono biologa e nemmeno agronoma. Scrivo semplicemente “uva viola” e lascio decidere a voi)
- 350 gr farina tipo 00
- 350 gr farina 0 ( preferisco mescolare le farine. Con la 00 abbiamo più zuccheri, che sono il cibo dei fermenti. Con la 0 abbiamo un pochino più di proteine…che diventeranno fermenti. Mi piace anche mescolare farine di tipo 2, con il germe e farine di grani originali. In Toscana abbiamo il Verna, il Farro ma anche farine meno conosciute come il Rondine e il Funo. Anche qui lascio a voi la decisione di quali farine e come mescolarle. Vi lascio anche la quantità. Perché, chi di voi fa il pane lo sa bene, la quantità di lievito è inversamente proporzionale alla temperatura dell’ambiente in cui l’impasto lievita e alla durata della lievitazione: meno lievito significa più tempo o temperatura in lievitazione più alta )
- 60 gr di zucchero
- 350-400 ml di acqua tiepida
- 25 gr di lievito di birra
- sale
- olio extra vergine di oliva
In una ciotolina sciogliete il lievito in poca acqua tiepida (non eccedente i 42 ° C) e mezzo cucchiaino di zucchero. Dopo una decina di minuti comincerà a schiumare.
Fate un impasto iniziale, mescolandovi qualche cucchiaio di farina e lasciatelo lievitare coperto. Basteranno 12-15 minuti.
Nel frattempo, preparate una fontana con le farine mescolate, mettete al centro 3 cucchiai di olio e 50 gr di zucchero.
Quando l’impasto iniziale si è gonfiato, mettetelo al centro della fontana, assieme all’acqua tiepida. All’inizio potete usare una forchetta, aggiungendo la farina gradualmente. Impastate energicamente.

Se disponete di un’impastatrice o un buon robot, – io uso un’impastatrice, come potete vedere dalle foto – potete mettere tutti gli ingredienti insieme e regolare la consistenza man mano, eventualmente aggiungendo acqua o farina.
L’impasto dovrà risultare compatto, ma morbido. Quando lo giudicate pronto, aggiungete 2 grammi di sale e impastate ancora un paio di minuti.
Questi ultimi due minuti li faccio sempre a mano. Aggiungo il sale in questa fase.
Dividetelo in due ( io ci faccio una croce sopra, per ossigenarlo anche all’interno) e lasciate lievitare ( nella foto sopra sono già quasi alla fine della lievitazione)
Sciacquate l’uva e togliere i semi, se ce ne sono.
Ungete una teglia – dimensioni del forno di casa – con olio d’oliva. Stendete una parte dell’impasto sul fondo, lasciandolo debordare dalla teglia. Fatelo “riprendere” dallo stress prima di continuare il lavoro: aspettate cinque minuti in maniera che si “rigonfi”.
Distribuite su di esso metà dell’uva.
Stendete la seconda parte dell’impasto e adagiarla sulla prima.
Piegate i bordi del primo strato e sigillateli. Aspettate cinque minuti.
Distribuite la restante uva e lo zucchero rimasto. Cospargere un po’ di olio d’oliva.
Infornare a 180 ° per 30 minuti ( il pane cuoce generalmente a temperature più alte. Ma qui si tratta di un “doppio strato” e con uva, per di più, che rilascerà molta della sua acqua nell’impasto. Per evitare di avere “bruciato fuori” e “bagnato dentro” preferisco cuocerle la Schiacciata con l’Uva a una temperatura più bassa). Alzare la temperatura a 200° e far cuocere ancora, per far caramellare la crosticina. Il risultato finale (due strati di pasta e due di uva) lo vedete nella foto in alto. Morbida e sugosa, dolce quanto basta, leggermente croccante in superficie, col sapore del buono per aver dato una goccia di contributo al non-spreco alimentare.

















Brava Marcella! Rubrica interessante ! Poi parli delle mie terre!
Grazie Claudio! particolarmente apprezzato per il fatto che il commento viene da uno chef come te. Adesso le “tue” terre sono diventate, solo un poco, anche mie